Sempre più frequentemente avviene che, a fronte della richiesta di riconoscimento della “causa di servizio” di una determinata patologia, dopo l’accertamento e quantificazione del danno da parte della C.M.O., il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio neghi la correlazione di quella patologia con il servizio prestato.
Nonostante il Militare abbia specificato nella propria domanda, e documentato dai rapporti informativi redatti dai suoi superiori, che lo stesso è stato esposto, per un lungo lasso di tempo, a fattori di forte stress psico-fisico, vale a dire eventi specifici e idonei, in modo efficiente e determinante, a dar luogo all’insorgere della patologia in esame, il CVCS tira in ballo motivazioni palesemente contraddittorie, insufficienti oltre che standardizzate.
In presenza dei suddetti comprovati, qualificati e rilevanti episodi – innestatisi durante lo svolgimento dei fatti di servizio – il CVCS deve qualificare gli stessi, se non altro, in termini di concausa efficiente e determinante nella genesi dell’infermità in esame secondo la giusta metodologia medico-legale.
Per converso, il CVCS, pur attestando di aver esaminato tutti gli atti, omette di considerare le descritte circostanze fattuali, tutte allegate e puntualmente documentate nel fascicolo del ricorrente, le quali assumono decisiva portata ai fini della corretta valutazione sul nesso eziologico tra infermità riscontrata dalla CMO e i fatti di servizio e si trincera dietro astruse motivazioni.
In altri termini, i provvedimenti del C.VC.S. risultano privi di un’adeguata motivazione e si sostanziano in una tautologica adesione ad un parere sommario, con formule stereotipate pre – compilate e oggetto di un rapido copia – incolla, avulso dunque da qualsivoglia considerazione delle circostanze di fatto, nonché della documentazione prodotta dal ricorrente.
IL PARERE STANDARDIZZATO DEL C.V.C.S. VIOLA L’OBBLIGO GENERALE DI MOTIVAZIONE
Il CVCS, così facendo, vìola l’obbligo generale di motivazione imposto dall’ordinamento, con ciò trainando con sé l’orientamento della Amministrazione che, gioco forza, dovrà negare anche l’evidenza emettendo un decreto con cui negherà la causa di servizio.
In tale caso all’interessato non resta altra strada che quella di impugnare il decreto di disconoscimento dinanzi al TAR per Motivazione omessa, contradditoria o stereotipata.
In tale sede, dimostrando che l’amministrazione ha denegato il beneficio senza, adeguatamente esaminare le circostanze di fatto che hanno scatenato il manifestarsi della patologia, il ricorrente può ottenere il riesame della propria domanda e, di conseguenza, il riconoscimento della causa di servizio.
Chiaramente, ogni situazione è differente e va esaminata caso per caso.

Laureato presso l’Università di Giurisprudenza di Bari, oggi è Avvocato Cassazionista e dirige la Sede di Lecce dello Studio Legale Lazzari.