Lo ha sancito la Corte di cassazione (sentenza n. 41362 del 6 ottobre 2014) che ha reso definitiva la condanna a carico di un padrone che aveva affidato il suo cane per quattro giorni a persone che lo avevano tenuto con la catena troppo corta e molto spesso senza acqua.
Per la terza sezione penale ha fatto bene, dunque, a emettere un verdetto di condanna. Infatti, ricostruiscono i Supremi giudici, il Tribunale veneto, dopo avere accertato che l’imputato era il proprietario del cane, ha ritenuto che l’imputato, prima di assentarsi, non si era curato di far osservare, da parte della persona incaricata di badare al cane, precise attenzioni (tenerlo con sé, liberarlo per un certo tempo, portarlo in giro al guinzaglio di tanto in tanto e munirlo di cibo e acqua sufficiente). Ha anzi rilevato che alle 15 del 16 agosto, in un momento di piena calura, i recipienti erano insufficienti o non compitamente riempiti, come documentato dalle foto, che ritraevano altresì l’animale con la lingua totalmente estroflessa, gli occhi semichiusi, la pelliccia scomposta ed evidenti ferite sanguinolente alle orecchie.