Responsabilità medica: è necessario quantificare il danno da perdita di chance

Con la recente ordinanza n. 6443/2019, la Suprema Corte si è occupata della questione relativa al risarcimento del danno da perdita di chance, esprimendo l’importante principio secondo cui è necessario concretizzare in termini numerici la perdita di chance e la relativa quantificazione deve essere sorretta da adeguata motivazione del giudice.

La vicenda sottoposta all’attenzione dei giudici di legittimità scaturisce dalla decisione del giudice di merito, che aveva riconosciuto in favore del paziente il danno da perdita di chance derivante dalla mancata esecuzione di un’ecocolordoppler; tale quantificazione risultava tuttavia assolutamente apodittica e non sostenuta da idonee ragioni. In particolare, il giudice a quo si era limitato ad affermare come il paziente avesse perso “alcune chances di essere trattato proficuamente“.

La Suprema Corte ha sul punto evidenziato come un’affermazione di tal fatta non è sufficiente, poiché nell’ambito dei giudizi di responsabilità medica è necessario concretizzare in termini numerici le possibilità perse dal paziente, stabilendo quanto meno una forbice di valori minimi e massimi.

La Corte ha inoltre precisato che il giudice che si limita a determinare – come nel caso in esame – il quantum risarcitorio in maniera del tutto generica, e senza esternare il proprio iter valutativo, opera in violazione dell’obbligo di motivazione imposto dalla Carta Costituzionale, ponendo in essere un decisione destinata ad essere censurata.

Gli Ermellini hanno concluso sostenendo che l’obbligo del giudice di esprimere in termini numerici la perdita di chance e di motivare adeguatamente detta quantificazione sussiste anche nel caso in cui  il CTU abbia, a sua volta, omesso di fornire una concreta quantificazione delle possibilità perdute, atteso che –  secondo la Cassazione – in tale evenienza il giudicante è tenuto a disporre un’integrazione della consulenza tecnica.