Il provvedimento che definisce la procedura esecutiva può essere impugnato solo con l’opposizione agli atti esecutivi

 

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 4961 del 20/02/2019 ha enunciato i principi in base ai quali  il provvedimento che chiude definitivamente la procedura esecutiva è impugnabile esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. mentre il provvedimento adottato in seguito a contestazioni del debitore prospettate mediante un’opposizione ex art. 615 c.p.c., a fronte della quale il giudice abbia dichiarato di volersi pronunziare, il provvedimento sommario di provvisorio che arresta il processo esecutivo  è impugnabile con il reclamo ai sensi dell’art. 624 c.p.c.”

Il caso

La vicenda posto al vaglio della Suprema Corte scaturisce dall’opposizione proposta  avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione aveva dichiarato improcedibile un’espropriazione forzata presso terzi avviata nei confronti dell’INPS, ritenendo estinto il credito fatto valere e disponendo la liberazione delle somme pignorate.

L’opposizione è stata accolta dal Giudice di prime cure, che ha dichiarato nulla l’ordinanza impugnata e ha condannato l’INPS al pagamento delle spese di lite.

l’INPS, terzo pignorato, proponeva ricorso per Cassazione, muovendo tre principali motivi di censura.

Il principio della Suprema Corte

La Suprema Corte ha preliminarmente rammentato come nei casi in cui “il giudice dell’esecuzione dichiari l’improcedibilità (o l’estinzione cd. atipica, o comunque adotti altro provvedimento di definizione) della procedura esecutiva in base al rilievo della mancanza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo o della sua inefficacia, il provvedimento adottato in via né sommaria né provvisoria, a definitiva chiusura della procedura esecutiva, è impugnabile esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.; diversamente, se adottato in seguito a contestazioni del debitore prospettate mediante una formale opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., in relazione alla quale il giudice abbia dichiarato di volersi pronunziare, il provvedimento sommario di provvisorio arresto del corso del processo esecutivo, che resta perciò pendente, è impugnabile con il reclamo ai sensi dell’art. 624 c.p.c..

La Suprema Corte ha aggiunto come al fine di distinguere tra le due ipotesi, la circostanza che il giudice abbia disposto la liberazione dei beni pignorati costituisce indice fondamentale circa la natura definitiva del provvedimento adottato.

Alla luce dei principi innanzi indicati, la Suprema Corte rigettava i primi due motivi del ricorso accogliendo il terzo motivo relativo alla liquidazione delle spese di lite.

Il giudice di legittimità cassava, dunque, la sentenza impugnata limitatamente a tale capo.