
Con la recente sentenza n. 11421/2021, le S.U. della Cassazione hanno enunciato importanti principi di diritto in materia di successione, stabilendo che la designazione generica degli “eredi” come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in difetto di una contraria volontà del contraente, non comporta la ripartizione dell’indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della eadem causa obligandi, una quota uguale dell’indennizzo assicurativo, il cui pagamento ciascuno potrà esigere dall’assicuratore nella rispettiva misura.
Più nello specifico , le S.U. della Suprema Corte hanno stabilito come l’espressione “eredi” abbia un valore meramente indicativo e non rinvia all’applicazione delle regole successorie. Evidenziando che la designazione degli eredi, come beneficiari nel contratto assicurativo, è un atto inter vivos con cui si attribuisce un diritto di credito che trova la propria fonte proprio nel regolamento contrattuale, sicché non trovano applicazione i disposti normativi in tema di comunione ereditaria, che invece operano per i crediti del defunto e non anche per il credito indennitario che, come detto, discende dal contratto di assicurazione sulla vita.
Ne deriva, pertanto, che l’indennizzo debba essere ripartito tra gli eredi beneficiari in parti uguali e non in proporzione delle quote ereditarie.
IL CASUS DECISUS
Il caso sottoposto all’attenzione delle Sezioni Unite trae origine dalle quattro “polizze sulla vita” che un uomo ebbe a stipulare con una nota compagnia assicurativa, designando quali terzi beneficiari i propri “eredi legittimi”. In concreto, all’epoca della stipulazione dei contratti di assicurazione sulla vita (2008 – 2009), un fratello dell’assicurato era ancora in vita, mentre una sorella era premorta, lasciando i quattro figli (nipoti del contraente). Alla morte dell’uomo, il fratello, ancora vivente, rivendicava il 50% dell’indennizzo assicurativo, ritenendo che l’altra quota di pari entità dovesse ripartirsi tra i quattro nipoti, in virtù delle norme previste in materia di successione ereditarie. Nello specifico, il fratello beneficiario riteneva che nel caso specie trovasse applicazione la normativa sulla “rappresentazione”, cosicché i nipoti avrebbero potuto, al più, rivendicare il diritto alla metà della quota spettante alla loro madre (sorella del de cuius). Secondo la compagnia assicurativa, invece, l’indennizzo andava ripartito in egual parte tra tutti i beneficiari, ossia 1/5 per ciascuno.
Il fratello beneficiario decideva, quindi, di citare in giudizio la compagnia assicuratrice. Il Tribunale, conformandosi agli assunti di parte convenuta, riteneva infondata la domanda attorea; mentre, in sede di gravame, la Corte territoriale, in riformava della sentenza del giudice a quo, decideva di accogliere l’appello interposto dal fratello del de cuius e condannava l’assicurazione a corrispondere in favore di quest’ultimo la differenza tra la somma già versata in favore dell’uomo e quanto dovuto in virtù delle regole successorie.
Alla luce di quanto sopra, la compagnia assicurativa proponeva ricorso dinanzi alla Suprema Corte, la quale, trattandosi di una questione giuridica già delibata in maniera discordante dalle Sezioni semplici, decideva di sottoporre la stessa al vaglio delle Sezioni Unite.
Segnatamente, cCon l’ordinanza interlocutoria n. 33195 del 16/12/2019 venivano sottoposte alle Sezioni Unite le seguenti questioni:
- “se in materia di assicurazione sulla vita in favore di un terzo, in presenza della diffusa formula contrattuale (…) genericamente riferita ai “legittimi eredi”, detta espressione sia meramente descrittiva di coloro che, in astratto, rivestono la qualità di eredi legittimi o se debba intendersi, invece, che sia riferita ai soggetti effettivamente destinatari dell’eredità“;
- “se la designazione degli eredi in sede testamentaria possa interferire, in sede di liquidazione di indennizzo, con la individuazione astratta dei legittimi eredi”;
- “se, in tale seconda ipotesi, il beneficio indennitario debba ricalcare la misura delle quote ereditarie spettanti ex lege o se la natura di “diritto proprio” sancita dalla norma (cfr. art. 1920, ultimo comma, c.c.) imponga una divisione dell’indennizzo complessivo fra gli aventi diritto in parti uguali“.
Nel rispondere unitariamente ai primi due quesiti, Le Sezioni Unite evidenziano, preliminarmente, di voler riaffermare l’interpretazione già univocamente seguita al riguardo dalla giurisprudenza (maggioritaria) della Corte Suprema di Cassazione.
Le S. U. hanno disposto che essendo la designazione del beneficiario dei vantaggi di un’assicurazione sulla vita un atto inter vivos con effetti post mortem – da cui discende l’effetto dell’immediato acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione -, “la generica individuazione quali beneficiari degli «eredi [legittimi e/o testamentari]» ne comporta l’identificazione soggettiva con coloro che, al momento della morte dello stipulante, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione ereditaria prescelto dal medesimo contraente, indipendentemente dalla rinunzia o dall’accettazione della vocazione”.
I principi di diritto elaborati dalle Sezioni Unite
Pertanto – a parere delle Sezioni Unite – il termine “eredi” fornisce per l’assicuratore “un criterio univoco di individuazione del creditore della prestazione, e perciò prescinde dall’effettiva vocazione”.
A giudizio degli Ermellini, il termine “eredi” fornisce per l’assicuratore “un criterio univoco di individuazione del creditore della prestazione, e perciò prescinde dall’effettiva vocazione”. Affermando, altresì, che “l’eventuale istituzione di erede per testamento compiuta dal contraente assicurato dopo aver designato i propri «eredi [legittimi]» quali beneficiari della polizza non rileva, pertanto, né come nuova designazione per attribuzione della somma assicurata, né come revoca del beneficio, agli effetti dell’art. 1921 c.c., ove non risulti una inequivoca volontà in tal senso, operando su piani diversi l’intenzione di disporre mortis causa delle proprie sostanze e l’assegnazione a terzi del diritto contrattuale alla prestazione assicurativa”.
In ordine al terzo quesito posto al loro esame, le Sezioni Unite statuiscono che “la natura inter vivos del credito attribuito per contratto agli «eredi» designati quali beneficiari (…) esclude l’operatività riguardo ad esso delle regole sulla comunione ereditaria, valevoli per i crediti del de cuius, come anche l’automatica ripartizione dell’indennizzo tra i coeredi in ragione delle rispettive quote di spettanza dei beni caduti in successione. La qualifica di «eredi» rivestita al momento della morte dello stipulante sopperisce, invero, con valenza meramente soggettiva, alla generica determinazione del beneficiario, in base al disposto del secondo comma dell’art. 1920 c.c., che funziona soltanto al fine di indicare all’assicuratore chi siano i creditori della prestazione, ma non implica presuntivamente, in caso di pluralità di designati, l’applicazione tra i concreditori delle regole di ripartizione dei crediti ereditari”.