Per la Cassazione le linee guida non costituiscono un parametro insuperabile

Con la recente ordinanza numero 30998/2018, la Cassazione ha enunciato il principio secondo cui le linee guida non rappresentano un “letto di Procuste insuperabile” e il comportamento del medico che non si uniforma alle stesse può essere comunque diligente.

 

La vicenda sottoposta all’attenzione della Suprema Corte trae origine dalle lesioni subite da un paziente, a seguito di sinistro stradale, per le quali venne sottoposto a un intervento chirurgico di asportazione della milza e di riduzione di una frattura delle ossa del bacino. Durante il periodo di degenza il paziente ebbe una trombosi venosa.

 

Successivamente il paziente chiese al Tribunale la condanna dei medici a risarcimento dei danni in conseguenza della trombosi, sostenendo che non gli era stato somministrata una dose adeguata di eparina e che i medici non si erano tempestivamente accorti dell’insorgenza della trombosi venosa profonda, ritardando così l’inizio della terapia farmacologica.

 

Il giudice di prime cure ha ritenuto che i medici, a causa di un’errata nell’interpretazione del quadro clinico del paziente, avessero colposamente ridotto il dosaggio del farmaco antitrombotico, precisando che se fosse stata somministrata la dose adeguata, la trombosi venosa non si sarebbe verificata con ragionevole probabilità.

La Corte d’Appello ha confermato la condanna dei medici.

 

Sennonché, i Giudici di legittimità hanno affermato che le linee-guida “non rappresentano un letto di Procuste insuperabile” (vale a dire una situazione a cui occorre necessariamente adattarsi), ma costituiscono solo uno strumento per valutare la condotta del medico in un modo che non può tuttavia prescindere dall’analisi del caso concreto.Infatti, secondo gli Ermellini, se una condotta è diligente se conforme alle linee-guida, è anche vero che una condotta può essere allo stesso modo diligente se non aderisce alle linee-guida e può non esserlo anche se vi si attiene, quando le peculiarità del caso concreto impongono di agire in un certo modo.

 

Pertanto, posto che le linee-guida non costituiscono un parametro rigido e insuperabile di valutazione del comportamento del medico, per la Cassazione non può essere considerata corretta la decisione di un giudice che abbia ritenuto in assoluto colposa la condotta del sanitario poiché non conforme alle linee-guida.

La Suprema Corte ha concluso affermando che il comportamento dei medici non poteva dunque essere giudicato colposo poiché, se da un lato, esso si discostava dalle linee guida applicate in casi analoghi, dall’altro, sussistevano tre circostanze che la giustificavano, ossia:

  • la riduzione di eparina fu motivata dalla necessità di prevenire il rischio di emorragie che si presentava aumentato perché il paziente era stato sottoposto a intervento chirurgico,
  • il paziente doveva iniziare un programma fisioterapico che comportava la sollecitazione degli arti;
  • il paziente era stato sottoposto a splenectomia.