È responsabile il medico per il decesso del bambino dopo l’operazione alle tonsille visto che ha violato l’obbligo di informazione circa le conseguenze del trattamento, nonostante l’intervento fu eseguito correttamente. Lo ha sancito la Corte di cassazione con la sentenza 27751/13.
Il caso
I genitori della minore hanno chiesto il risarcimento risarcimento del danno iure hereditatis e del danno morale denunciando l’inadempimento contrattuale ex art.1218 Cc ossia la responsabilità extracontrattuale dell’azienda per aver omesso di prestare le dovute informazioni sui rischi connessi all’operazione di tonsillectomia effettuata sulla figlia e sulle possibili complicanze post-operatorie ovvero la grave negligenza e imperizia tenuta nell’occasione dai sanitari del reparto e del pronto soccorso.
Per la terza sezione civile sbaglia la Corte d’appello di Perugia a escludere che il professionista, e quindi l’Azienda ospedaliera, avesse l’obbligo di informazione circa un evento eccezionale come quello. Questo comprovato dalla cartella clinica dalla quale non emerge nessun documento comprovante l’avvenuta informazione dei rischi dell’intervento né sugli eventi post operatori che hanno determinato il decesso. Insomma, per gli Ermellini sussiste l’inosservanza dell’obbligo di informazione circa le conseguenze del trattamento da parte del sanitario ed è ininfluente che l’intervento fu eseguito correttamente.
Al riguardo, Piazza Cavour ha osservato che secondo la definizione della Corte costituzionale (sentenza 438/2008), il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell’art. 2 Cost., che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 Cost., i quali stabiliscono rispettivamente che la libertà personale è inviolabile e che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. Nell’ipotesi di inosservanza dell’obbligo di informazione in ordine alle conseguenze del trattamento cui il paziente sia sottoposto viene pertanto a configurarsi a carico del sanitario (e di riflesso della struttura per cui egli agisce) una responsabilità per violazione dell’obbligo del consenso informato, in sé e per se, non assumendo alcuna influenza, ai fini della sussistenza dell’illecito, se il trattamento sia stato eseguito correttamente o meno.
Insomma, il paziente, a causa del deficit di informazione non è stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni, consumandosi, nei suoi confronti, una lesione di quella dignità che connota l’esistenza nei momenti cruciali della sofferenza, fisica e psichica. Tale informazione è condizione indispensabile per la validità del consenso, consapevole, al trattamento terapeutico e chirurgico, è necessario che il sanitario fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l’intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità. Conclude il Palazzaccio, che il professionista sanitario ha l’obbligo di fornire al paziente, in modo dettagliato, tutte le informazioni scientificamente possibili sull’intervento chirurgico, che intende eseguire, sulle conseguenze normalmente possibili sia pure infrequenti (tanto da apparire “straordinari”), sul bilancio rischi/vantaggi dell’intervento. Alla Corte perugina il nuovo giudizio.