Nessun risarcimento del danno in favore del locatore a seguito della risoluzione anticipata del contratto se non prova di essersi attivato per limitare i danni.

A seguito della risoluzione anticipata del contratto di affitto ad uso commerciale, la locatrice conveniva in giudizio la società conduttrice, invocando la sua condanna al risarcimento del danno relativo ai canoni successivi alla risoluzione e non percepiti.

Prima la Corte d’Appello di Milano e poi la Corte di Cassazione con la sentenza n.530 del 15 gennaio 2014, hanno statuito che non vi è alcun diritto al risarcimento dei danni corrispondenti ai canoni pattuiti sino alla scadenza naturale del contratto, stante la mancata prova da parte della proprietaria di essersi attivata quantomeno per limitare il danno, cercando di reperire un altro conduttore.

L’art. 1453 c.c. comprende tra i danni risarcibili anche il mancato guadagno, se ed in quanto costituisca conseguenza immediata e diretta ex art. 1223 c.c. dell’evento risolutivo, e tale pregiudizio si esprime nell’incremento patrimoniale netto che la parte non inadempiente avrebbe dovuto conseguire se il contratto non si fosse mai risolto.

Trattasi di un danno potenziale e futuro la cui concreta risarcibilità postula l’effettività della lesione dell’interesse del creditore all’esecuzione del contratto, il che comporta, con riferimento specifico alla fattispecie in esame, che grava sul creditore che avanza specifica richiesta di risarcimento danni, la prova di aver tentato inutilmente di locare l’immobile dopo la risoluzione o l’aver reperito sul mercato offerte meno vantaggiose e pregiudizievoli.