Indennità rivalutata ogni anno in base al tasso d’inflazione per gli italiani infettati dalle trasfusioni di sangue o da emoderivati. È quanto emerge dalla sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in data 03.09.2013 e diventata definitiva nel gennaio 2014. La controversia nasce dal ricorso di 162 cittadini italiani infettati da Hiv, epatite B o C dopo una trasfusione o somministrazione di emoderivati: si tratta di un gruppo di pazienti residenti soprattutto in Veneto, contaminati negli anni Novanta. Ma la questione riguarda migliaia di persone nella stessa condizione, una parte delle quali ha già presentato ricorso a Strasburgo. Per motivi di bilancio il decreto legge 78/2010 abolì la rivalutazione annuale, tuttavia la norma è stata dichiarata incostituzionale nel 2011: la Consulta ha eliminato la discriminazione delle persone contagiate da Aids ed epatite per le quali non era previsto l’adeguamento Istat sull’indennizzo concesso per altre patologie. Nonostante la pronuncia, però, nessun paziente “riabilitato” dall’Alta corte ha ottenuto il beneficio. Insomma: lo Stato italiano «ha violato i diritti» dei malati, sia dei ricorrenti a Strasburgo sia di tutti gli altri che si trovano nella medesima situazione, perché con il decreto del 2010, secondo i giudici Cedu, «ha soltanto voluto garantirsi un vantaggio economico nei processi» intentati contro il Governo di Roma, che con il dl 78/2010 ha imposto «un onere eccessivo e anomalo» ai malati.