«Il fatto non sussiste». Grazie allo sciroppo omeopatico anti-gastrite l’automobilista scampa alla condanna a un mese di arresto, 600 euro di ammenda e alla sospensione della patente per sei mesi (anche se la pena era sospesa). E ciò perché resta un ragionevole dubbio sulla colpevolezza del guidatore che ha portato un teste secondo cui l’imputato non ha alzato il gomito per tutta la giornata. Di più: la prova dell’etilometro risulta svolta all’interno dell’auto della polizia stradale, dove si sono tenuti in precedenza altri analoghi esami: non si può dunque escludere che l’abitacolo della vettura fosse saturo di vapori alcolici. Risultato: l’assoluzione è inevitabile. È quanto emerge dalla sentenza 461/14, pubblicata dalla prima sezione penale della Corte di appello di Bari.
Risultanze non univoche
Pesa la documentazione medica prodotta in giudizio: l’imputato soffre di bronchite oltre che di disturbi gastrici e si cura con farmaci a base di alcol. Ecco spiegato perché, sostiene la difesa dell’automobilista, gli agenti rilevano «alito vinoso» quando fermano il conducente. Non si può qualificare come inattendibile la testimonianza a favore dell’imputato soltanto perché ormai risulta trascorso molto tempo dai fatti. Né si possono ignorare i certificati sanitari sullo sciroppo omeopatico: l’articolo 186, comma 1, Cds vieta la guida in stato di ebbrezza «conseguente all’uso di bevande alcoliche» e non anche di medicine (per quanto le difese fondate sui farmaci a base di alcol non hanno mai trovato ingresso in Cassazione). In verità, nella specie, il superamento del limite di tolleranza risulta minimo e quindi le risultanze acquisite al fascicolo del dibattimento risultano non univoche: neppure si può escludere l’ipotesi della presenza di vapori d’alcol all’interno della pattuglia dove si sono svolti vari alcoltest. Insomma: non si è raggiunta la prova certa e incontestabile della responsabilità dell’imputato.