
In virtù di quanto stabilito dall’art. 495 c.p.c., rubricato “conversione del pignoramento“, il debitore pignorato può richiedere che le cose o i crediti sottoposti a pignoramento siano sostituiti da una somma di denaro pari all’importo dovuto al creditore, che comprenda, altresì, interessi e spese, nonché le spese di esecuzione.
Al riguardo, è bene evidenziare l’interessante pronuncia della Suprema Corte – sentenza n. 15362/2017 – con cui ha recentemente stabilito che l’istanza di conversione del pignoramento può essere avanzata una volta soltanto, a pena di inammissibilità. In ordine a siffatta limitazione, la Corte ha offerto delle importanti precisazioni, escludendo, in particolare, la possibilità di sollevare qualsivoglia eccezione a detta inammissibilità, finanche per vizi formali.
L’obiettivo precipuo è quello di impedire al debitore esecutato di utilizzare detto strumento per rallentare oltremodo la procedura esecutiva, mediante la proposizione di domande formulate all’ultimo momento ed in maniera reiterata.
Orbene, l’impossibilità di rinnovare l’istanza di conversione nell’ipotesi di rigetto costituisce, quindi, un monito per chi intende adottare tale strumento, il quale dovrà prestare molto attenzione nella formulazione di siffatta domanda.
Sulla scorta di tale orientamento, i giudici di merito potranno, quindi, statuire che il divieto di reiterazione sussiste sempre, senza eccezioni, anche quando la prima richiesta di conversione sia stata dichiarata inammissibile per vizi formali: invero, non è escluso che anche un’istanza priva di requisiti formali sia stata spiegata proprio per finalità dilatorie.
La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte prende le mosse dalla domanda presentata dal debitore esecutato, che aveva dapprima proposto un’istanza di conversione la quale era stata dichiarata inammissibile per mancato versamento del 20% della somma pignorata e, successivamente, veniva presentata una nuova richiesta, questa volta dichiarata ammissibile dal Tribunale una volta apertosi il giudizio di merito sull’opposizione rispetto a una prima ordinanza di inammissibilità.
Nondimeno, gli Ermellini, in forza del principio innanzi esposto, hanno statuito che la determinazione del giudice di merito dovesse essere considerata errata; in particolare, i giudici di legittimità, considerando non necessari ulteriori accertamenti, hanno rigettato l’opposizione proposta dal debitore avverso l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione aveva dichiarato inammissibile l’istanza di conversione del pignoramento, riformando la posizione del Tribunale.