
Assumono fondamentale rilievo i principi enunciati dalla Suprema Corte con la recente ordinanza n. 12660/2018; nello specifico, i giudici di legittimità, dopo aver richiamato il disposto contenuto all’art. 246 c.p.c., secondo cui non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio, hanno stabilito che a tale incapacità soggiace anche l’ulteriore vittima di un sinistro stradale, il quale, dunque, non potrà essere escusso quale testimone in tutti quei giudizi in cui viene avanzata da un altro danneggiato, vittima del medesimo sinistro, domanda di risarcimento del danno.
La Suprema Corte ha precisato che tale incapacità persiste anche nell’ipotesi in cui il testimone abbia rinunciato al risarcimento del danno ovvero quando detto diritto risulti prescritto (Cfr: Cass. Civ. VI Sez, Ord. del 23 maggio 2018, n. 12660).
Pertanto, nel caso di specie, la detta incapacità a testimoniare non aveva natura soggettiva, non risolvendosi appunto in una valutazione sull’attendibilità o meno del chiamato a deporre, ma si trattava invece di in una situazione oggettiva di incapacità concernente l’oggetto del giudizio.
La vicenda portata all’attenzione della Suprema Corte, traeva origine dall’azione risarcitoria promossa dai congiunti della vittima di un sinistro stradale nei confronti della compagna assicuratrice del veicolo responsabile, esponendo di essere parenti del conducente di una delle autovettura coinvolte nel sinistro provocato da veicolo non identificato.
Gli attori deducevano, in particolare, che in dipendenza del sinistro occorso il loro congiunto aveva perso la vita e, conseguentemente, chiedevano all’impresa assicuratrice il risarcimento di tutti i danni subiti. ai sensi dell’art. 287 Codice delle Assicurazioni Private.
Il Giudice di primo grado rigettava la domanda e la sentenza veniva confermata anche dalla Corte d’Appello per difetto di prova della dinamica del sinistro, atteso che l’unico testimone escusso nel giudizio di primo grado risultava incapace a testimoniare, poiché trasportato sul veicolo della vittima, nonché vittima egli stesso di lesioni personali conseguenti al medesimo sinistro stradale.
Tale sentenza veniva impugnata con ricorso per cassazione dagli attori soccombenti, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c., per avere la Corte territoriale dichiarato l’incapacità del testimone nonostante questi avesse rinunciato al diritto al risarcimento del danno che, peraltro, risultava anche prescritto, con conseguente disinteresse per la lite in atto.
La Suprema Corte rigettava il ricorso, ritenendo il motivo infondato, e ciò anche in considerazione del principio ribadito in più occasioni dalla stessa giurisprudenza di legittimità secondo cui “La vittima di un sinistro stradale è incapace ex art. 246 c.p.c. a deporre nel giudizio avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno proposta da altra persona danneggiata in conseguenza del medesimo sinistro, a nulla rilevando che il testimone abbia dichiarato di rinunciare al risarcimento o che il relativo credito sia prescritto”