
Gli Ermellini, tramite la recente ordinanza del 3 maggio 2019 n. 11731, si sono espressi sul tema della valutazione dell’immobile oggetto di divisione giudiziale, statuendo al riguardo che nel momento in cui il giudice dispone la divisione, è necessario rideterminare il valore dell’immobile secondo i prezzi correnti del mercato, e non considerare il solo valore del bene accertato dal CTU nel corso del giudizio. In particolare la Cassazione ha precisato che nel caso in cui la decisione intervenga a distanza di diverso tempo dalla stima effettuata dal consulente tecnico, quest’ultima dovrà essere aggiornata al momento della decisione, non essendo sufficiente, ai fini di un’equa determinazione del conguaglio, la semplice rivalutazione dell’originario apprezzamento dell’immobile secondo gli indici ISTAT.
È nota la complessità delle le operazioni preliminari alla divisione di un bene immobile, sicché spesso accade che tra la richiesta di divisione giudiziale e la sentenza che dispone l’effettiva ripartizione del bene possa intercorrere un lasso di tempo particolarmente lungo (anche 8-10 anni); pertanto, è probabile che nel corso di questo periodo il valore dell’immobile oggetto di suddivisione possa subire un decremento o, di contro, acquisire un valore più elevato, a seconda dell’andamento del marcato immobiliare.
Pertanto, è necessario stabilire se nel momento in cui il giudice dispone la divisione dell’immobile si debba tener conto degli eventuali aumenti (o ribassi) del valore del bene oppure se, viceversa, debba considerarsi unicamente la stima del bene resa dal CTU all’uopo nominato durante il giudizio di divisione.
Tale questione è stata opportunamente chiarita dalla Suprema Corte mediante la sentenza in commento; nello specifico, gli Ermellini hanno precisato che il valore dell’immobile debba essere aggiornato al momento della decisione, e non può essere solo adeguato (incrementato) in base all’indice della svalutazione monetaria verificatasi tra la data della valutazione peritale e quella della decisione, poiché l’incremento del valore del bene secondo i prezzi di mercato si realizza in maniera più marcata rispetto a quello previsto dall’indice di svalutazione monetaria, pertanto, secondo la Cassazione, il semplice riferimento al coefficiente ISTAT risulta non essere è sufficiente.
Inoltre – ha aggiunto la Suprema Corte – se la decisione interviene a distanza di un considerevole periodo dalla stima effettuata dal CTU, quest’ultima dovrà essere aggiornata facendo riferimento al valore reale di mercato dell’immobile al momento della decisione; e ciò anche in ragione del fatto che il giudice dovrà indicare, i criteri adottati per la concreta quantificazione di tale incremento, e non potendosi quindi limitare alla sola rivalutazione del bene secondo gli indici ISTAT.