La responsabilità medica del policlinico universitario

 

La Cassazione con la sentenza n. 9048/2018 si è pronunciata pochi mesi fa su una vicenda di responsabilità medica, che ebbe origine nel 1997, quando una coppia di coniugi convenne in giudizio l’Università che sovrintendeva il policlinico universitario in cui nacque il proprio primogenito.

La richiesta risarcitoria dei genitori del bambino leso

Il bambino nacque con un grave ritardo neuromotorio e i genitori proposero un’azione risarcitoria nei confronti dei sanitari della struttura ospedaliera che, nonostante un chiaro quadro sintomatico di sofferenza fetale, non eseguirono immediatamente un parto cesareo, omettendo altresì di sorvegliare adeguatamente la gestante durante il travaglio, alla quale vennero, peraltro, somministrate dosi eccessive di ossitocina, che si rivelarono dannose rispetto al buon esito del parto.

La pronuncia dei giudici di merito

La domanda venne accolta sia dal Tribunale che dalla Corte di Appello e al bambino venne riconosciuto il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, mentre ai genitori il ristoro del solo danno patrimoniale. Di contro, alcun danno venne liquidato dalla Corte territoriale in favore dei due fratelli postumi in quanto, essendo nati dopo quest’ultimo, non poteva considerarsi sussistente un nesso di causa fra l’errore dei sanitari e il danno dagli stessi lamentato.

I due germani del primogenito proposero ricorso in Cassazione, sostenendo che fosse normale che i fratelli di persona nata con gravi malformazioni soffrissero per le condizioni del proprio familiare, e di conseguenza si sarebbe dovuta affermare, anziché negare, l’esistenza di un nesso causale tra l’errore dei sanitari e il danno non patrimoniale loro patito.

Anche per la Cassazione nessun danno arrecato ai figli postumi

Invece, secondo la Suprema Corte, tutte le regole in materia di causalità impedivano di ravvisare un valido nesso eziologico tra la condotta del sanitario che provochi lesioni a un neonato, e il disagio dei fratelli venuti al mondo, rispettivamente, uno e sei anni dopo.

Nello specifico, i giudici di legittimità hanno chiarito che la decisione dei genitori di generare altri figli non poteva dirsi “conseguenza” dell’errore commesso dai sanitari, pertanto, se quella scelta non era conseguenza dell’errore medico, nemmeno poteva esserlo il disagio e gli ulteriori danni lamentati dai ricorrenti, venuti al mondo per effetto di quella scelta.