Impossibile negare il risarcimento all’infortunato solo perché non portava la cintura di sicurezza
In tema di risarcimento del danno da sinistro stradale, il giudice deve valutare, sulla base delle prove acquisite, quanto il mancato uso delle cinture di sicurezza abbia influito sulla lesione stessa. Lo statuisce la Cassazione con la sentenza n. 7777, pubblicata oggi dalla terza sezione civile. Gli Ermellini accolgono il ricorso della vittima di un sinistro stradale che aveva riportato alcune lesioni personali. Ad avviso dell’altro conducente, l’unico responsabile del sinistro, era da considerarsi lo stesso ricorrente che, passeggero dell’altra vettura, non indossava le cinture di sicurezza al momento dello scontro tra le due auto. Il giudice unico del Tribunale di Locri rigettava la sua domanda di risarcimento dei danni, poiché, pur essendo certo che non indossava la cintura, non era stato accertato in primo grado, se il mancato uso aveva concorso a provocare il danno. Per il danneggiato non c’è altra soluzione che ricorrere per Cassazione. Il ricorso è fondato per Piazza Cavour.
In tema di risarcimento del danno, l’articolo 1227 Cc, «nel disciplinare il concorso di colpa del creditore nella responsabilità contrattuale, applicabile per l’espresso richiamo di cui all’articolo 2056 Cc anche alla responsabilità extracontrattuale, distingue l’ipotesi in cui il fatto colposo del creditore o del danneggiato abbia concorso al verificarsi del danno (comma primo), da quella in cui il comportamento dei medesimi ne abbia prodotto soltanto un aggravamento senza contribuire alla sua produzione (secondo comma)». Solo la situazione contemplata nel secondo comma costituisce oggetto di un’eccezione in senso stretto; nel primo caso, invece, il giudice di merito deve d’ufficio verificare, sulla base delle prove acquisite, se il danneggiato abbia o no concorso a determinare il danno. Al riguardo, spiegano i giudici di legittimità, «una volta che il danneggiato ha offerto la prova del danno e della sua derivazione causale dall’illecito, costituisce onere probatorio del danneggiante dimostrare che il danno sia stato prodotto, pur se in parte, anche dal comportamento del danneggiato».
Dunque, il giudice di appello, sul rilievo del mancato accertamento, in primo grado, dell’incidenza causale del mancato uso delle cinture da parte del passeggero, ha sbagliato a rigettare la sua domanda risarcitoria. Invece, avrebbe dovuto accertare sulla base delle prove esistenti, se il mancato uso delle cinture aveva contribuito a determinare il danno, e, in caso positivo determinarne l’entità. Se mancano elementi «per accertare l’esistenza di un apporto causale ad opera del comportamento colposo del creditore-danneggiato, ovviamente non rimane che l’incidenza causale del comportamento del danneggiante, tenuto conto che la posizione del passeggero è assistita dalla presunzione di colpa nella causa dell’evento dannoso a carico del conducente a norma dell’articolo 2054, comma l Cc e, per l’effetto, solo questi va condannato al risarcimento». Nella fattispecie, il giudice di appello ha, sbagliando, rigettato la domanda anche nei confronti del danneggiante.