Solo quanto percepito direttamente dall’agente che ha assistito al sinistro stradale ha valore fino a querela di falso mentre il verbale redatto sulla base delle testimonianze dei terzi può essere liberamente apprezzabile e valutabile dal giudice chiamato a decidere sul risarcimento del danno.
Tale principio è stato affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 38 del 3 gennaio 2013, ha respinto il ricorso di una compagnia di assicurazioni che contestava la liquidazione del risarcimento stabilita dal giudice sulla base di una libera interpretazione del verbale dei vigili.
La vicenda riguarda il tamponamento avvenuto fra un automobile e un ciclomotore appartenenti a due amici. Secondo il verbale con le testimonianze la colpa avrebbe dovuto essere ascritta interamente alla ragazza alla guida del motorino che non aveva rispettato la distanza di sicurezza. Ma il Tribunale e la Corte d’Appello sono giunti, rispettivamente in primo e secondo grado, a conclusioni diverse. Per i Giudici, dato tutto il materiale istruttorio raccolto, sussiste una corresponsabilità. Oggi la Cassazione ha confermato e reso definitivo il verdetto spiegando che l’atto pubblico (e, dunque, anche il rapporto della polizia municipale) fa piena prova, fino a querela di falso, solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza, mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell’indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, si tratta di materiale probatorio liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti.