
Assume particolare rilievo il principio espresso dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 2366 del 19/4/2018, secondo cui il permesso di costruire non può essere sottoposto a condizione, sia essa sospensiva o risolutiva, tenuto conto della natura di accertamento costitutivo a carattere non negoziale di tale provvedimento.
il caso sottoposto all’attenzione del Consiglio di Stato scaturisce da un ricorso dinanzi al TAR l’attuale appellata ha impugnato un permesso di costruire avente ad oggetto la realizzazione di opere finalizzate all’ampliamento volumetrico dell’edificio residenziale di proprietà e alla realizzazione di un’autorimessa, sviluppantesi su cinque livelli interrati, per un totale di 40 box auto.
In particolare, la ricorrente aveva impugnato il titolo edilizio limitatamente alla parte in cui prevede la prescrizione secondo cui prima dell’avvio dei lavori di costruzione dell’autorimessa interrata si sarebbe dovuta acquisire una relazione univoca sulla fattibilità dell’intervento sotto il profilo strutturale concordata con i condomini confinanti.
Il TAR ha accolto il ricorso presentato dall’attuale appellata e, per l’effetto, ha annullato il permesso di costruire nella parte impugnata.
Il Comune, con ricorso a Palazzo Spada, ha censurato la sentenza impugnata per non avere correttamente interpretato la prescrizione inserita nel permesso di costruire impugnato. Segnatamente, il Comune sosteneva che la prescrizione non era qualificabile in termini di “condizione” del permesso, poiché attiene alle modalità esecutive dell’opera.
Il Consiglio di Stato ha rigettato le motivazioni del ricorso, richiamando alcuni principi della giurisprudenza in virtù dei quali: generalmente, e fatti salvi i casi espressamente stabiliti dalla legge, una condizione, sospensiva o risolutiva, non può essere apposta ad una concessione edilizia, avendo tale provvedimento natura di accertamento costitutivo a carattere non negoziale; di conseguenza, la concessione edilizia, una volta riscontratane la conformità alla vigente disciplina urbanistica, deve essere rilasciata dal comune senza condizioni che non siano espressamente previste da una norma di legge;
I giudici di Palazzo Spada hanno, altresì, evidenziato che, nella specie l’Amministrazione aveva in concreto assegnato il potere decisorio sulla concreta operatività del permesso a soggetti diversi da essa, finendo sostanzialmente per rinunciare all’esercizio della funzione pubblica e, conseguentemente, per abbandonare la titolarità del procedimento di cui è investita dalla legge; L’efficacia del permesso risulta in tal modo connotata da incertezza, essendo subordinata alla conclusione di un accordo futuro (ed eventuale) avente ad oggetto le modalità esecutive dell’intervento; l’efficacia del permesso di costruire viene rimessa alla decisione, se non all’arbitrio, di soggetti terzi controinteressati, in quanto la conclusione dell’accordo dipende dal consenso dei proprietari confinanti in ordine alla fattibilità dell’intervento.
In conclusione, il Consiglio di Stato ha appurato che la produzione degli effetti del permesso impugnato era subordinata al verificarsi di una condizione, di carattere sospensivo, futura e incerta, in quanto tale inammissibile nonché dimostrativa di una istruttoria procedimentale insufficiente.