IL PAZIENTE DEVE ESSERE SEMPRE INFORMATO SULLA NATURA DELL’INTERVENTO

Con l’ordinanza n. 16892/19, dep. il 25/06/2019, la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi sul tema del consenso informato, disponendo che “Il consenso informato deve sempre essere ottenuto e la sua mancata acquisizione è una prestazione diversa rispetto all’intervento in sé che dà luogo ad un’autonoma voce di danno”.

La vicenda

 Il caso rimesso all’attenzione della Suprema Corte prende le mosse da un’azione risarcitoria incardinata dai signori S.S. e P.G., in proprio e in qualità di legali rappresentati della figlia minore, nei confronti dei medici e dell’ASL per il ristoro dei danni derivanti dalla nascita della predetta figlia affetta da una grave malformazione dell’arto superiore, per la mancata rilevazione “dello stato di aplasia di cui era portatore il feto” in sede di esami ecografici, i quali erano stati eseguiti dal professionista dapprima presso il proprio studio e, successivamente, all’interno della struttura ospedaliera.

Il primo giudice dichiarava infondata la domanda risarcitoria e la Corte di Appella confermava la sentenza oggetto di gravame.

La suindicata pronunzia della corte di merito veniva impugnata dagli appellanti soccombenti dinanzi alla Suprema Corte

Il principio della Cassazione  

Gli Ermellini hanno preliminarmente rammentato che l’obbligo del medico di acquisire il consenso informato del paziente riguarda l’informazione sulle prevedibili conseguenze che possono scaturire del trattamento sanitario cui il paziente sarà sottoposto e, in particolare, al possibile verificarsi di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente, al fine di porre quest’ultimo in condizione di esprimere consapevolmente il proprio consenso al trattamento sanitario prospettatogli (Cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5444). In particolare, Il medico ha il dovere di informare il paziente in ordine alla natura dell’intervento, alla portata dei possibili e probabili risultati conseguibili e de le conseguenze che possono verificarsi.

Al riguardo, i giudici di legittimità hanno precisato che l’acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce prestazione altra e diversa da quella dell’intervento medico richiestogli, assumendo autonoma rilevanza ai fini dell’eventuale responsabilità risarcitoria, in caso di mancata prestazione da parte del paziente.

E ciò in quanto il consenso informato attiene al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente, mentre  il trattamento medico terapeutico ha riguardo alla tutela del diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost., comma 1).

Orbene nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte gli odierni ricorrenti avevano sin dal primo grado di giudizio richiesto il risarcimento dei danni lamentati in conseguenza, oltre che della “nascita indesiderata”, anche della “mancata informazione” della patologia affettante il feto.

Domanda che peraltro era stata espressamente ribadita a fronte del rigetto della stessa da parte del giudice di prima istanza.

Sia il giudice di prime cure che la Corte di merito nella sentenza oggetto di gravame si erano infatti pronunziati solo sulla violazione del “diritto dei genitori ad essere informati, al fine di prepararsi psicologicamente e, se del caso, anche materialmente all’arrivo di un figlio menomato”.

Violazione di diritto altro e diverso da quello all’esecuzione della prestazione medica da cui possono derivare conseguenze anche ulteriori e diverse da quella più sopra esposta concernente il riverbero della mancata informazione sulla possibilità di interruzione della gravidanza.

Conseguenza nella specie indicata nell’impossibilità di “prepararsi psicologicamente e, se del caso, anche materialmente all’arrivo di un figlio menomato” che, attesa la generale e comprensiva formulazione della domanda di ristoro di “tutti i danni subiti” in ragione della “condotta colposa, negligente ed imprudente della dottoressa, dell’Azienda USL, nonché del Dott., avrebbe dovuto essere dai giudici di merito specificamente ed espressamente valutata.

La Corte, in parziale accoglimento del ricorso proposto, ha dunque disposto il rinvio alla Corte d’Appello, in diversa composizione.