Il datore di lavoro è responsabile anche se l’operaio subisce un incidente per aver disatteso il suo ordine

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Il datore è responsabile dell’infortunio anche se l’operaio è rimasto coinvolto nell’incidente perchè ha disatteso un’ordine. A sancirlo è la sezione lavoro della Cassazione con la sentenza n. 21647, pubblicata il 14 ottobre.

Il caso
Gli “ermellini” accolgono un motivo di ricorso dell’Inail contro la decisione della Corte d’appello di Trieste, secondo la quale l’operaio di un’azienda per effettuare una riparazione sul tetto di un capannone, si era infortunato a causa di una caduta. Il motivo dell’incidente era dipeso dal fatto che il lavoratore aveva disatteso l’ordine di proseguire il «camminamento» fino a un certo punto. Per il giudice di secondo grado, dunque, la responsabilità era da ricondursi solo alla condotta imprudente dell’operaio.

La Cassazione, invece, accoglie uno dei motivi del ricorso dell’istituto, spiegando, in via generale, che «le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili a imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l’imprenditore, all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l’esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento, essendo necessaria, a tal fine, una rigorosa dimostrazione dell’indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro, e, con essa, dell’estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere».

Più nello specifico, in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, «costituisce rischio elettivo la deviazione, puramente arbitraria e animata da finalità personali, dalle normali modalità lavorative che comporta rischi diversi da quelli inerenti le usuali modalità di esecuzione della prestazione». Tale genere di rischio «si connota per il simultaneo concorso dei seguenti elementi: presenza di un atto volontario ed arbitrario, ossia illogico ed estraneo alle finalità produttive; direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali; ed infine, mancanza di nesso di derivazione con Io svolgimento dell’attività lavorativa».

Nel caso in esame, la Corte triestina, si è limitata a rilevare che «l’infortunato aveva riferito di essersi incamminato dove non c’era ancora il camminamento a tavoloni, nella suddetta fase di preparazione e di essersi allontanato diversi metri da dove egli stesso aveva predisposto le misure di sicurezza; pertanto, con tutta evidenza, il lavoratore aveva disatteso l’ordine ricevuto di realizzare un camminamento fino al punto in cui intervenire, allontanandosi inopinatamente da dove aveva predisposto le misure di sicurezza».

Il giudice d’appello, tuttavia, non conformandosi ai principi citati, «non ha indicato le ragioni né ha specificato adeguatamente le modalità del suddetto allontanamento dal camminamento predisposto, sicché non ha chiarito se nella condotta del lavoratore siano, in concreto rinvenibili tutti gli elementi per configurarla come abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, sicché essa, come tale, sia da considerare idonea a comportare l’esonero totale del datore di lavoro da ogni responsabilità rispetto all’infortunio o se, invece, l’incidente si sia verificato per colpa esclusiva o concorrente del lavoratore»; situazione che non esclude la responsabilità del datore di lavoro, tanto più in ipotesi particolarmente delicate, quali sono quelle di caduta dall’alto verificatasi nella fase iniziale di approntamento delle misure protettive.