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L’obbligo del medico di utilizzare un linguaggio chiaro
“Il medico deve esprimersi in linguaggio chiaro con il paziente, altrimenti è responsabile se quest’ultimo, non ben informato, abbia sottovalutato la patologia”.
Tale principio è stato enunciato dalla Cassazione con la sentenza n. 6688/2018, la quale ha precisato che il dottore, nel momento in cui riferisce al paziente l’esito della diagnosi, deve esprimersi in modo chiaro e semplice, senza usare parole particolarmente complicate. Ed infatti, il malato poco informato potrebbe sottovalutare le conseguenze della sua patologia e per questo astenersi da cure o altri esami diagnostici.
Il medico deve spiegare al paziente quanto scritto nel referto
Il referto scritto non esaurisce il dovere del medico, atteso che rientra negli obblighi di quest’ultimo anche quello di fornire al paziente tutte le dovute spiegazioni relative al suo stato di salute, tenendo peraltro in debito conto le capacità di comprensione dell’interlocutore. Pertanto, secondo la giurisprudenza di legittimità, il lavoro di comunicazione di qualsiasi medico non può e non deve esaurirsi solo tramite quel referto, che viene redatto utilizzando una terminologia tecnica.
Il caso concreto
La vicenda sottoposta all’attenzione dalla Corte scaturisce dalla condotta negligente di un radiologo che, non avendo ben informato la paziente dei noduli che le erano stati riscontrati, le aveva richiesto una ulteriore indagine a distanza di sei mesi; in questo lasso di tempo, quest’ultima è tuttavia deceduta a causa di un tumore al seno.
Linguaggio comprensibile anche per l’acquisizione del “consenso informato”
La Suprema Corte ha espresso lo stesso principio anche con riferimento al “consenso informato”, cioè le informazioni che il medico rende al paziente prima dell’intervento sanitario riguardanti i rischi ad esso connessi.
La Cassazione ha precisato che le spiegazioni fornite dal medico devono essere dettagliate e adeguate al livello culturale del paziente, con l’adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e del grado delle conoscenze specifiche di cui dispone. Il linguaggio utilizzato nel modulo di “consenso informato”, quindi, non deve essere solo dettagliato e preciso, ma anche semplice, adeguato a quelle che sono le effettive conoscenze del paziente. Secondo la Cassazione, tutte le volte in cui il paziente ritiene di non essere stato adeguatamente informato , graverà sul medico l’onere di provare di aver fornito un’informazione completa sul trattamento sanitario.