Deve essere bocciata la domanda fatta dal singolo proprietario di un’unità immobiliare del condominio per la trasformazione del giardino in passo carraio per l’entrata al suo garage: tale situazione prospettata non costituisce una forma di utilizzo più intenso della parte comune, ma una cambiamento della destinazione del bene in strada di pertinenza esclusiva di un singolo partecipante a danno di un altro comproprietario. Lo ha sancito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 54 del 3 gennaio 2014 ha ritenuto che la situazione prospettata dal ricorrente costituiva, non una forma di utilizzo più intenso, ma una trasformazione della destinazione del bene comune da giardino a strada di pertinenza della proprietà esclusiva di un singolo partecipante a danno di un altro comproprietario. Per questo, per la Suprema Corte è congrua l’applicazione della norma di cui all’art. 1120 c.c. anziché l’art. 1102 c.c fatta dal giudice trentino, che ha correttamente valutato le risultanze processuali: l’utilizzo da parte del condomino dell’area per il transito veicolare avrebbe comportato una compromissione dei diritti degli altri comproprietari. Al riguardo, si è fatta giusta applicazione dei principi in tema di utilizzazione della cosa comune: «In tema di condominio negli edifici, le innovazioni di cui all’art. 1120 c.c. non corrispondono alle modificazioni, cui si riferisce l’art. 1102 c.c., atteso che le prime sono costituite da opere di trasformazione, le quali incidono sull’essenza della cosa comune, alterandone l’originaria funzione e destinazione, mentre le seconde s’inquadrano nelle facoltà del condomino in ordine alla migliore, più comoda e razionale, utilizzazione della cosa, facoltà che incontrano solo i limiti indicati nello stesso art. 1102 c.c». Nel caso esaminato, si è accertato che le opere prospettate dal ricorrente avrebbero comportato il mutamento dell’originaria destinazione del bene, costituendo una vera e propria innovazione. E ancora, che l’esercizio del transito veicolare richiesto per accedere ai suoi garage interrati determinava un mutamento della destinazione dell’area in misura più gravosa sia per il bene comune che per la proprietà esclusiva dell’altro proprietario, atteso che la stessa realizzazione dell’accesso carraio avrebbe comportato una notevole riduzione se non addirittura scomparsa dell’effetto prato. Insomma, bocciata la domanda visto che la situazione prospettata costituiva, non una forma di utilizzo più intenso della parte di giardino comune interessata, ma una trasformazione della destinazione del bene comune da giardino in strada di pertinenza della proprietà esclusiva di un singolo partecipante a danno di un altro comproprietario.