Confermata la pena della multa per il chirurgo che ha errato l’intervento di mastoplastica sulla paziente che intendeva aumentare la taglia del seno, nonostante questa avesse espresso il consenso informato all’operazione e la legge Balduzzi abbia introdotto di recente una specifica ipotesi di esenzione dalla responsabilità professionale per colpa lieve del medico che si attiene alle linee guida e alle buone pratiche della scienza medica.
Nella vicenda in esame la difesa del chirurgo aveva eccepito l’esistenza di una causa giustificatrice della condotta professionale errata, sostenendo che non vi poteva essere alcuna responsabilità in presenza del consenso informato firmato dalla paziente.
L’eccezione però è stata disattesa dalla Corte per due ordini di ragioni: se da un canto è incontestabile che l’attività del medico richieda il consenso informato del paziente, costituendo questo un presupposto di liceità del trattamento sanitario posto a garanzia del diritto a disporre liberamente del bene salute (diritto di scelta al trattamento, art.32 Cost.), dall’altro, la violazione dell’obbligo di acquisire il consenso non integra la trasgressione di una regola cautelare la cui inosservanza influisce sulla colpevolezza della condotta.
Peraltro, rileva la Corte, soprattutto nell’ambito della chirurgia estetica che si connota più per l’interesse a migliorare l’aspetto estetico che per l’urgenza dell’intervento, il medico deve valutare ancor di più l’utilità e la necessità di procedere al trattamento sanitario della paziente.
Sotto altro e diverso profilo, il Giudice di legittimità ha dichiarato la penale responsabilità del chirurgo anche alla luce della l. 189/2012 (c.d. Legge Balduzzi), nonostante questa preveda una specifica ipotesi di esenzione dalla responsabilità per colpa lieve del medico che abbia seguito le linee guida e le buone pratiche della scienza generalmente accettate.
Difatti, il professionista non ha fornito la prova di aver tenuto una condotta conforme alle linee guida più accreditate dalla comunità scientifica, soprattutto nel caso in esame in cui le mammelle della paziente presentavano già una asimmetria, circostanza clinica, questa, che avrebbe dovuto indurre il professionista ad una scelta più oculata sul tipo di protesi da impiantare.
In altri termini, afferma la Corte, considerata la particolare natura del seno della paziente e la necessaria scelta di una ulteriore e più adatta protesi da impiantare, la condotta del medico non può essere riconducibile ad un grado di colpa talmente contenuto da essere ricondotto al canone richiesto dalla legge Balduzzi (colpa lieve), trattandosi, invece, per come emerso dalle risultate processuali illustrate dai consulenti tecnici e del medico che visitò immediatamente dopo la paziente, di errori derivanti da un notevole grado di imperizia dell’imputato.
Imputato che, conclude la Corte, è incorso nella fattispecie ben diversa di colpa grave consistente nella condotta inescusabile tipica del professionista privo di quel minimo di perizia e abilità tecnica nell’uso dei mezzi manuali o operatori e privo di prudenza e diligenza (sentenza n. 2347/2014).
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