COME FARE LA SUCCESSIONE EREDITARIA – SUCCESSIONE EREDITARIA COSA FARE

 In seguito alla morte di un parente, trascorso il periodo di dolore e sconforto, occorre poi pensare all’esecuzione di una serie di obblighi fiscali e burocratici derivanti dal subentro dei successori nella posizione giuridica e patrimoniale del defunto.

Con questo contributo saranno fornite alcune utili informazioni che spiegheranno, in sintesi, quali sono le principali fasi della successione ereditaria e cosa occorre fare per sbrigare i principali adempimenti connessi al fenomeno successorio.

APERTURA SUCCESSIONE EREDITARIA

Immediatamente dopo il decesso della persona, la prima fase della successione ereditaria è rappresentata dall’apertura, contemplata dall’art. 456 c.c., il quale stabilisce che “la successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto”.

La norma disciplina, dunque, l’apertura della successione sotto il profilo temporale e sotto quello spaziale:

– con riferimento al primo profilo, Il momento della morte coincide con l’istante in cui si verifica la cessazione irreversibile delle funzioni dell’encefalo (o morte cerebrale) (L. 29 dicembre 1993, n. 578).

– in ordine secondo aspetto, il luogo dell’ultimo domicilio del defunto non deve essere confuso con quello in cui avviene il decesso, dato che per domicilio deve intendersi il luogo in cui la persona aveva concentrato la generalità dei suoi interessi economici, sociali e familiari.

Dopo l’apertura della successione, la seconda fase è rappresentata dalla chiamata all’eredità, ossia la concreta individuazione delle persone chiamate a succedere in base ad un testamento o perché indicate direttamente dalla legge.

Occorre sapere che il chiamato all’eredità non acquista automaticamente la qualità di erede, ma dovrà manifestare la volontà di accettare tale ruolo. L’accettazione dell’eredità, infatti, è la terza fase della successione, che si verifica quando il soggetto nominato a succedere dichiara di voler acquisire il patrimonio ereditario o una quota di esso.

Esistono due principali modalità di accettazione dell’eredità:

  • l’accettazione pura e semplice;
  • l’accettazione con beneficio d’inventario.

L’effetto principale prodotto dall’accettazione pura e semplice è costituito dalla confusione tra il patrimonio del defunto e quello dell’erede, che assieme andranno a formare un unico patrimonio; ciò significa, quindi, che l’erede sarà responsabile per i debiti ereditari e per i legati anche oltre il valore dell’attivo ereditario, pertanto i creditori del defunto, insieme ai legatari, potranno soddisfarsi sul patrimonio dell’erede in concorso con i creditori personali di quest’ultimo.

L’accettazione pura e semplice dell’eredità può assumere forme differenti: essa è “espressa” se realizzata con atto pubblico o scrittura privata oppure “tacita” quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la volontà di accettare.

La seconda modalità di accettazione è quella con “beneficio d’inventario”, che, a differenza della prima, non produce alcuna confusione patrimoniale, dato che il patrimonio dell’erede e quello del defunto restano distinti e separati dal punto di vista giuridico; in questo caso l’erede sarà chiamato a rispondere dei debiti ereditari non oltre il valore dell’attivo ereditario.

La facoltà di accettare con beneficio d’inventario ha carattere personale, in quanto può essere compiuta solo dal successore e, generalmente, viene adottata quando si ha il fondato sospetto che l’ammontare delle passività lasciate dal defunto siano superiori rispetto alle attività;

L’accettazione con beneficio d’inventario è obbligatoria quando l’eredità è attribuita a soggetti incapaci d’agire oppure a persone giuridiche. Ciò al fine di tutelarli da eventuali responsabilità verso i debitori del de cuius.

L’accettazione con beneficio d’inventario può essere manifestata soltanto in forma espressa, poiché necessita di una dichiarazione solenne dinanzi ad un notaio o al cancelliere del tribunale del luogo in cui s’è aperta la successione. Ad essa segue l’obbligo di inventario, che va redatto entro 3 mesi dall’apertura della successione se il chiamato è già in possesso dei beni ereditari oppure nel caso in cui non sia in possesso dei beni ereditari, può essere fatto fino a quando non si prescriva il diritto di accettazione.

Il diritto all’accettazione dell’eredità si prescrive dopo dieci anni dal giorno dell’apertura della successione, anche se chi ne ha interesse può chiedere al giudice di fissare un termine entro il quale il chiamato debba necessariamente dichiararsi.

Il chiamato all’eredità può anche decidere di rinunciare all’eredità e ciò accade, solitamente, allorché l’eredità è satura di debiti oppure perché si vuole lasciare ad altri soggetti (es: discendenti) la propria quota.

La rinuncia all’eredità è un atto unilaterale e viene redatta nella stessa forma prevista per l’accettazione con beneficio d’inventario, pertanto deve risultare da una dichiarazione resa dal chiamato (o da un suo rappresentante) dinanzi ad un notaio o al cancelliere del Tribunale territorialmente competente, ed inserita nel registro delle successioni.

Tanto l’accettazione quanto la rinuncia dell’eredità non può essere sottoposta, a pena di nullità, a condizione o a termine, né può avere ad oggetto una parte del patrimonio ereditario. Invece, a differenza dell’accettazione, la rinuncia è revocabile, a condizione che il diritto di accettazione non si sia estinto per prescrizione (10 anni) o l’eredità non sia stata, nel frattempo, devoluta ad altri eredi.

DICHIARAZIONE (ATTO) DI SUCCESSIONE EREDITARIA

La dichiarazione di successione è un adempimento obbligatorio, di carattere fiscale, tramite il quale viene comunicato all’Agenzia delle Entrate che egli eredi sono subentrati nel patrimonio del defunto e che, dunque, occorre determinare le imposte dovute dai successori in seguito al passaggio patrimoniale.

La dichiarazione in esame deve essere presentata entro dodici mesi dalla data di apertura della successione e l’inosservanza di tale termine espone l’obbligato a sanzioni amministrative.

Gli eredi sono tenuti alla presentazione della dichiarazione di successione, presso L’Agenzia delle Entrate competente. In concreto, la dichiarazione va inoltrata esclusivamente in via telematica direttamente dal dichiarante ovvero da soggetti delegati (commercialista o un Caf, mentre non è obbligatorio rivolgersi a un notaio).

L’Agenzia delle Entrate rende disponibile sul proprio sito un programma gratuito per la compilazione e l’invio della dichiarazione. L’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente è quello del luogo in cui la persona defunta ha avuto l’ultima residenza. Se la residenza è sconosciuta o fuori dall’Italia, l’ufficio competente è l’Agenzia delle Entrate di “ROMA 6”. Se il defunto ha avuto la residenza in Italia, prima di trasferirsi all’estero, l’ufficio è quello dell’ultima residenza italiana conosciuta.

Le categorie di soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione di successione sono:

  • i chiamati all’eredità, vale a dire tutti i soggetti che non hanno ancora accettato l’eredità, ai quali potenzialmente può essere trasmesso il patrimonio ereditario oppure una quota di esso;
  • gli eredi;
  • i legatari: ossia i destinatari di uno o più beni oppure uno o più diritti, determinati dal de cuius con testamento che vengono acquista senza bisogno di accettazione;
  • i rappresentanti legali degli eredi o dei legatari;
  • gli immessi nel possesso temporaneo dei beni dell’assente: ciò si verifica quando una persona è scomparsa e non si hanno sue notizie da almeno due anni;
  • gli amministratori dell’eredità. L’amministratore dell’eredità è previsto in casi particolari, come ad esempio, quando il testamento subordina la nomina di un erede al verificarsi di un evento futuro e incerto (erede designato sotto condizione);
  • i curatori dell’eredità giacente: soggetti nominati dal Tribunale allorché il “chiamato” non ha accettato l’eredità e non si trova nel possesso dei beni ereditari; tale figura ha il compito di amministrare il patrimonio ereditario finché l’eredità non viene accettata;
  • l’esecutore testamentario: ossia, i soggetto a cui il defunto può affidare l’incombente di curare le sue ultime volontà espresse nel testamento;
  • il trustee: Il trust è un istituto giuridico che ricorre quando un soggetto (detto settlor, nella specie il de cuius) sottopone dei beni, con atto mortis causa o inter vivos, sotto il controllo di un altro soggetto (detto trustee) nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico.

Per predisporre in modo completo e corretto la dichiarazione di successione occorre produrre una serie di documenti, tra i quali, a titolo esemplificativo, rientrano:

  • dichiarazione sostitutiva del certificato di morte;
  • autocertificazione stato di famiglia del de cuius alla data del decesso;
  • autocertificazione stato di famiglia degli eredi;
  • visure catastali degli immobili;
  • copia del testamento pubblicato, se esistente;
  • dati anagrafici del defunto compreso codice fiscale e ultima residenza del defunto;
  • se vi era la comunione dei beni o la separazione:
  • dati anagrafici e indirizzi di residenza di tutti gli eredi, compreso codice fiscale;
  • eventuale dichiarazione di rinuncia all’eredità.

 In presenza di più eredi non vi è alcuna gerarchia in merito al soggetto onerato: la dichiarazione presentata da un erede è efficace per tutti gli eredi e legatari.

La dichiarazione di successione non deve essere presentata se:

  • l’eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto, l’attivo ereditario non è superiore a 100.000 € e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari (es. usufrutto).
  • tutti gli aventi diritto rinunciano all’eredità o al legato oppure quando i chiamati alla successione, che non sono nel possesso dei beni ereditari, chiedono la nomina di un curatore dell’eredità prima che scada il termine previsto per la presentazione della dichiarazione di successione.

La base imponibile nella dichiarazione di successione – ovvero il valore dell’asse ereditario su cui saranno calcolate le imposte di successione – si ricava dalla differenza tra l’importo complessivo dei beni e dei diritti che rappresentano l’attivo dell’asse ereditario e l’importo complessivo delle passività nonché degli oneri deducibili.

L’Agenzia delle Entrate liquida l’imposta di successione ed emette l’apposito avviso basandosi sul documento stesso, notificando agli eredi, e agli altri soggetti interessati, l’avviso di liquidazione entro tre anni dalla data di presentazione della dichiarazione di successione.

La suddetta imposta è calcolata in base al grado di parentela degli eredi rispetto al defunto e il Fisco prevede consistenti esenzioni di pagamento, denominate tecnicamente “franchigie”. Nello specifico, verranno applicate le seguenti aliquote:

  • il 4% per il coniuge e i parenti in linea retta, se il patrimonio ha valore superiore a € 1.000.000;
  • il 6% per i fratelli e sorelle, se il patrimonio ha un valore superiore a € 100.000;
  • il 6% per i parenti fino al 4° grado, affini in linea retta ed affini in linea collaterale fino al 3° grado In questo caso non è prevista alcuna franchigia;
  • l’8% per tutti gli altri soggetti Anche in questo caso non è prevista franchigia.

Se l’erede è portatore di un handicap grave riconosciuto, l’esenzione è aumentata sino a un milione e mezzo di euro.

Il pagamento di detta imposta deve essere effettuato entro 60 giorni dalla data in cui è stato notificato l’avviso di liquidazione. Scaduto tale termine si rendono applicabili, oltre alle sanzioni, anche gli interessi di mora.

Gli eredi e i chiamati all’eredità che non hanno ancora accettato, ma che sono in possesso di beni ereditari, rispondono solidalmente delle somme dovute.

Ciò significa che il Fisco può agire per la riscossione dell’intera imposta anche nei confronti di un solo erede, il quale successivamente potrà rivalersi sugli altri in proporzione alle loro quote di eredità.

I legatari sono, invece, obbligati solo al pagamento delle somme relative al bene o diritto acqistato.

 Nel caso di omessa dichiarazione l’Agenzia delle Entrate notifica avviso di liquidazione entro cinque anni dalla scadenza del termine.

 BENI EREDITARI DA DICHIARARE NELLA SUCCESSIONE

Come innanzi anticipato, la dichiarazione di successione ricomprende tutti i beni (mobili e immobili) e i diritti di credito di cui il defunto era titolare in vita, che costituiscono il suo patrimonio (attivo ereditario), da cui dovranno essere detratti eventuali i debiti (c.d. passivo ereditario).

Spesso capita, però, che al momento dell’apertura di una successione, non si sappia bene quali siano i beni e i diritti che costituiscono l’attivo ereditario.

Ebbene, è importante sapere che nell’ambito dei beni ereditari rientrano non solo i beni che risultano dall’ultima dichiarazione dei redditi del defunto, ma anche quelli presunti dal legislatore.

Più precisamente, i beni che costituiscono l’attivo ereditario sono:

  • gli immobili;
  • i mobili e titoli al portatore posseduti dal defunto o depositati presso altri a suo nome; Se tali beni sono in comune con altri soggetti si presumono posseduti in parti uguali. Se in comunione legale i beni oggetto di comunione entrano nell’attivo ereditario solo per la quota spettante al de cuius;
  • denaro, gioielli, preziosi, mobili o arredi: devono risultare da apposito inventario redatto ai sensi dell’articolo 769 c.p.c. e si presumono compresi nell’attivo ereditario per un importo pari al 10% del valore globale netto imponibile anche se non dichiarati o dichiarati in misura inferiore al loro valore venale, salvo che dall’inventario analitico non ne risulti l’esistenza per un importo differente;
  • le rendite, pensioni e crediti (compresi i rimborsi fiscali);
  • azioni, quote societarie e partecipazioni;
  • le aziende (commerciali e agricole), azioni o obbligazioni, quote sociali;
  • le navi, imbarcazioni e aeromobili che non fanno parte di aziende.

Tra i beni esclusi dall’asse ereditario si segnalano:

  • azioni o titoli nominativi alienati dal de cuius prima della morte mediante atto autentico o girata autenticata;
  • beni e diritti iscritti nei pubblici registri (esempio le auto o le imbarcazioni);
  • indennità di fine rapporto (c.d. TFR) in caso di morte del prestatore di lavoro;
  • l’indennità spettante per diritto agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto (c.d. assicurazioni sulla vita);
  • crediti contratti giudizialmente alla data di apertura della successione;
  • crediti venduti allo Stato prima della data di presentazione della dichiarazione di successione;
  • titoli di Stato o del debito pubblico come CCT, BOT o anche se emessa da altri Stati appartenenti alla Comunità Europea e gli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati nonché ogni altro bene o diritto similare dichiarato per legge esente;
  • beni culturali d’interesse storico o artistico vincolati prima dell’apertura della successione.

È sempre consigliabile, comunque, indicare nella dichiarazione di successione i suindicati beni anche se per legge sono esenti dalla relativa imposta.

È bene evidenziare, infine, che l’imposta di successione deve essere corrisposta anche in relazione ai beni e i diritti esistenti all’estero, nell’ipotesi in cui alla data di apertura della successione la persona deceduta era residente in Italia.

In caso di decesso all’estero, l’imposta è, tuttavia, dovuta per i beni e diritti che si trovano in Italia.