
A partire dal 1.1. 2019, legislatore ha modificato le modalità di calcolo del danno differenziale, imponendo ora l’adozione di un criterio di scomputo per sommatoria, con conseguente diritto di regresso dell’Inail delle “somme a qualsiasi titolo pagate”; tali nuovi criteri di calcolo si pongono in chiara contrapposizione con il previgente sistema, secondo il quale il danno differenziale doveva essere calcolato, secondo poste omogenee, cioè detraendo, dalle singole componenti di danno civilistico (danno biologico e danno patrimoniale) le indennità erogate dall’Inail per ciascuno dei detti pregiudizi.
Ciò è quanto stato precisato dalla Suprema Corte – Sezione Lavoro – con la sentenza 27 marzo 2019, n. 8580.
È noto che con Legge Finanziaria 2019 (L. n. 145/2018), sono state revisionate le Tariffe dei premi INAIL, sui criteri di calcolo del danno c.d. differenziale ai fini della determinazione dell’ammontare che il suddetto Istituto potrà rivendicare, in via di regresso, nei confronti del civilmente (es: datore di lavoro) responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore.
In altri termini, la nuova normativa ha modificato le voci da prendere in esame per determinare quanto dovuto al lavoratore infortunato a titolo di danno differenziale (ossia, la differenza tra la maggiore somma dovuta a titolo di ristoro dal datore di lavoro e l’indennizzo liquidato dall’INAIL), imponendo ai fini del calcolo del danno differenziale l’adozione di un criterio di scomputo per sommatoria, con conseguente diritto di regresso dell’Inail delle “somme a qualsiasi titolo pagate”. Tali criteri di calcolo si pongono in evidente contrasto con il precedente sistema, secondo il quale il danno differenziale doveva essere calcolato, per poste omogenee, cioè detraendo, dalle singole componenti di danno civilistico (danno biologico e danno patrimoniale) le indennità erogate dall’Inail per ciascuno dei detti specifici pregiudizi.
La Suprema Corte, in applicazione del principio della irretroattività delle leggi, ha osservato che il riconoscere carattere retroattivo ai nuovi criteri di calcolo introdotti dalla legge finanziaria 2019, contrasterebbe con il suddetto principio di retroattività, posto che andrebbe a determinare il disconoscimento del diritto al risarcimento dei danni derivanti dall’infortunio o dalla malattia, già sorti in epoca precedente alla sua entrata in vigore.
Secondo la Corte di Cassazione, a favore di tale interpretazione depone non soltanto il fatto che all’interno del testo letterale della norma difetta qualsiasi espressa statuizione che prevede la sua retroattività, ma è lo stesso testo normativo che chiaramente indica il 1° gennaio 2019, quale data di decorrenza sia della revisione delle tariffe che dei criteri di calcolo.
Pertanto, in accoglimento del ricorso proposto, la Corte di Cassazione ha elaborato l’importante principio secondo cui “le modifiche dell’art. 10 del D.P.R. n. 1124/1965, introdotte dall’art. 1, comma 1126, della Legge n. 145 del 2018, non possono trovare applicazione in riferimento agli infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate prima dell’1.1.2019, data di entra in vigore della citata legge finanziaria.”