Ancora chiarimenti sul calcolo del limite di reddito dopo la circolare “TAGLIA INVALIDI” dell’INPS
Il limite di reddito (pari a 16.127 euro) per gli invalidi civili al 100% deve essere riferito solo all’invalido avente diritto; non si devono quindi considerare anche i redditi del coniuge.
È questo l’importante messaggio della Cassazione in una ordinanza depositata ieri.
Avevamo già detto, in un precedente articolo, che, per via di una circolare “taglia invalidi” diramata dall’Inps, gli invalidi civili avrebbero perso, dal 2013, il diritto all’assegno di invalidità se la somma tra il reddito del coniuge ed il proprio, pari a 275,87 euro al mese, superava i 16.127,30 euro lordi (leggi l’articolo “Assegno di invalidità: vale il cumulo dei redditi del coniuge”). Ma avevamo anche spiegato che tale interpretazione si scontrava con quella dei giudici, essendosi creato un vero e proprio conflitto (leggi l’articolo “Pensione di invalidità: sul reddito soglia conflitto tra Cassazione e INPS”).
Successivamente, l’istituto, in considerazione di una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa di riferimento, ritenne di non modificare la prassi amministrativa, confermando il riferimento al reddito personale dell’invalido.
In seguito la legge precisò che il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili doveva essere calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell’Irpef (per il 2014 pari a 16.449,85 euro) con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte.
Il motivo del contendere nasceva mentre l’Inps stava rivedendo la propria posizione e il legislatore modifica la norma, al fine di eliminare il contrasto che si era creato sul piano giurisprudenziale.
L’interpretazione di maggior favore, per espressa previsione normativa, si applica anche alle domande di pensione di inabilità in relazione alle quali non sia ancora intervenuto un provvedimento definitivo da parte deell’Inps e ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva al 2013, salvando – al contempo – i soggetti che hanno beneficiato dell’assegno pensionistico.